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ROMANZO EPISTOLARE: QUANDO A BOLOGNA GLI ANNI NON ERANO SOLO DI PIOMBO


di Membro VIP di Annunci69.it maturoamodena
08.10.2019    |    1.119    |    7 10.0
"Presi dei fazzoletti dal comodino e glieli porsi dicendo “Hai visto? Che ci voleva?” E lui “Benvenuto fra i segaioli di gruppo! Adesso vado a letto, non..."
Caro Filippo, come stai?
Proprio ieri, giorno del mio 20° compleanno, mi è arrivata la tua lettera in cui mi fai gli auguri.

Grazie! Sei stato gentile a ricordarti, nonostante i due anni di lontananza.
Ormai qui fa piuttosto freddo e grava costantemente la nebbia, mentre, immagino, che voi fortunati “terruncelli” stiate ancora andando al mare.

Io sto bene, soprattutto da quando, lasciato il collegio, mi sono trasferito in questo appartamento.
Mi sembra, finalmente, di avere un posto tutto mio e tutto ciò nonostante abbia un coinquilino. Ma è un ragazzo molto riservato, ancora quasi non lo conosco anche perché ci incontriamo raramente, e solo in cucina, qualche volta, durante i pasti.
A questo proposito, però, voglio raccontarti una cosa che mi è capitata la scorsa settimana mentre andavo a studiare in biblioteca.
Non ricordo come mi ci trovai in mezzo, né perché non mi defilai all’istante come era mia abitudine, fatto sta che all’improvviso, dappertutto, furono urla, sirene, lacrimogeni ed un fiume di gente che si riversava contro di me travolgendomi.
Mi accorsi del poliziotto solo alla prima manganellata ricevuta sulla spalla.
Mi girai cercando di fuggire seguendo la massa. Il secondo colpo mi raggiunse fra le scapole e mi fece perdere l’equilibrio.
Caddi in ginocchio e sarei stato calpestato se qualcuno non m’avesse sollevato da sotto l’ascella e trascinato mentre una voce mi urlava all’orecchio
“MA CHE CAZZO CI FAI QUI?!?!?!?”
Mi lasciai pilotare svoltando per strade secondarie, procedendo a zig-zag per la città che sembrava in stato d’assedio e poi spingere in un cortile pieno di biciclette attraverso un portone che sentii richiudere fragorosamente alle spalle.
“Come stai?” lo guardai.
Era Biagio, il mio coinquilino, lo riconobbi e svenni.
Mi risvegliai con lui che mi scuoteva e ripeteva il mio nome. Realizzai dov’ero.
Lontani arrivavano i rumori degli scontri, gli dissi “Guardami le mani…guarda se muovo le dita” non osavo farlo io
“Tutto a posto…ti fanno male?”
“No, la spalla…”
“Adesso stiamo un po’ qui…poi andiamo” si accese una sigaretta e non mi rivolse più la parola.
Ma forse è giusto che ti parli di Biagio.
Ci conosciamo poco nonostante si condivida da qualche mese lo stesso appartamento.
Un tipo interessante, forse proprio perché così misterioso.
È un po’ più grande di me, frequenta il quarto anno di Storia e Filosofia. Alto e magro, capelli mossi lunghi sulle spalle. Barba piena. Occhi scurissimi.
Certamente non bello, ma di sicuro non si valorizza con camicioni di flanella a quadri, jeans di velluto a coste e quell’eskimo verde muffa di cui non si libera mai.
Va e viene da casa senza orari precisi, mi accorgo che c’è quando dalla sua camera provengono le note dei sikus andini degli Inti-Illimani (...De pie, marchar que vamos a triunfar / Avanzan ya banderas de unidad, / y tu vendras marchando junto a mi…) sento che fa la doccia (…Y ahora el pueblo que se alza en la lucha / con voz de gigante gritando: Adelante!...) oppure che traffica in cucina (… El pueblo unido jamas sera vencido,/ el pueblo unido jamas sera vencido!...).
Io resto in camera tanto so che presto torna ad uscire e ritorno padrone della casa.
Il primo di ogni mese mi lascia 20.000 lire nel barattalo che abbiamo promosso a cassa ed io mi occupo dell’acquisto delle necessità e del pagamento delle bollette.
Gli alimenti ognuno per suo conto.
A volte porta una ragazza, sento che fanno sesso in camera ma io non l’ho mai neanche incrociata.
Comunque continuo il racconto dell’altro giorno.
“Andiamo… tieni un passo veloce, ma non correre. Sei pronto, ce la fai?” annuii uscendo. I negozi avevano tirato giù le saracinesche, non c’erano “cittadini normali”, si sentivano sirene delle polizia…ambulanze…qualcuno che scandiva slogan.
Bologna odorava di sommossa.
Arrivammo a casa.
Soffrivo.
Mi accompagnò in camera.
“Fammi vedere che cosa ti hanno fatto” mi tolsi il giubbotto e il maglione.
Sentii male sotto il tocco leggero delle sue dita sulla schiena.
“Bastardi! hai qualcosa contro il dolore?” scossi la testa.
Si era seduto sulla mia scrivania, arrotolò un sigaretta, la bagnò con la lingua, l’accese, fece un paio di tiri e poi me la passò
“Fuma, non ti farà passare il dolore, ma vedrai che starai meglio”.
Non mi piacevano le canne, ma non volevo sembrare un idiota ed allora aspirai un paio di tiri e gliela passai.
Fumò un poco e tornò a darmela “Finiscila tu…io devo tornare dai compagni”.
Si rimise la sacca di tela a tracolla ed uscì.
Mi addormentai.
Quando riaprii gli occhi era già buio. Al primo movimento il male, diffuso per tutto il corpo, mi ricordò gli avvenimenti della mattina. Forse sarei dovuto andare in ospedale, ma avrebbero preso le mie generalità e probabilmente mi sarei messo nei guai.
Sentii aprire piano la porta
“Dormi?”
“no, ma che ore sono?”
“come stai? Ho comprato qualcosa in farmacia. Togliti la maglia” a fatica mi spogliai.
Biagio allora usando delicatamente solo i polpastrelli cominciò a spalmarmi sulle spalle e sulla schiena una pomata dall’odore pungente
“Quei porci!...domani sarai una melanzana gigante…hai mangiato?” al mio no disse
“Metto su l’acqua per una carbonara ed intanto mi faccio la doccia, ti chiamo quando è pronto. Ah queste sono delle aspirine, prendile più tardi”.
Un paio di minuti e poi (…La patria esta forjando la unidad / De norte a sur se movilizara / desde el salar ardiente y mineral…) sentii accendere il gas e poi scrosciare l’acqua in bagno.
Andai in cucina, apparecchiai alla meglio, tirai fuori il pane, del formaggio (…De pie cantar que el pueblo va a triunfar / millones ya imponen la verdad…) misi ad abbrustolire la pancetta mentre battevo l’uovo (…De acero son, ardiente batallon / Sus manos van, llevando la justicia y la razon, mujer / con fuego y con valor / ya estas aqui junto al trabajador…) lui entrò tenendo chiusi i lembi dell’accappatoio azzurro con una mano e strofinandosi una salvietta sui capelli con l’altra proprio quando stavo per scolare gli spaghetti
“Ma sta’ mo’ bonino che faccio io”
afferrò i manici della pentola e naturalmente fu costretto a mollare la presa sull’accappatoio che gli si aprì mostrando il corpo nudo.
Distolsi gli occhi non prima d’aver notato un torace magro e appena ricoperto di un corto pelo castano. Fra le gambe slanciate gli penzolava l’uccello, provvisto di lungo prepuzio, appoggiato su sproporzionate palle voluminose e penzolanti.
“Fa’ attenzione a non scottarti il fratellino” gli dissi mentre tra i vapori rovesciava l’acqua bollente nello scolapasta.
Finì di preparare lui e cominciammo a mangiare.
“Ancora non mi hai detto che ci facevi in mezzo alla manifestazione”
“Andavo in biblioteca…non sapevo…non mi ero accorto”
“Perché oggi mi hai fatto controllare le mani?”
“Suono…suonavo…il pianoforte. Fino all’anno scorso volevo fare il concertista, adesso sono cambiate delle cose, ma l’idea di non poter più suonare mi terrorizzava”
“Borghesia medio-alta eh?”
“Sei classista…la musica appartiene a tutti, anche al proletariato e a volte fa la rivoluzione “ “Certamente non quella che suoni tu…che scuole hai fatto? Certamente private” Cominciammo a parlare e a raccontarci di noi senza grossi contrasti ideologici aiutati anche da un paio di bicchieri di vino rosso. L’accappatoio a volte si apriva, io ero il più imbarazzato dei due. Andammo a dormire ch’era notte fonda.

Adesso ti lascio. Scrivimi quando puoi, raccontami di te e dei nostri amici. Un abbraccio a te e a tutta la tua famiglia. Dal tuo amico F.

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Caro Filippo,
scusa se ti rispondo solo adesso, ma ho sempre un sacco di cose da fare tant’è che spesso dimentico anche l’orario dei pasti.
In che senso la mia lettera ti ha stuzzicato? Pensi sempre a male tu! E fai bene ah ah ah. Vuoi che continui il racconto? ok lo faccio a patto che tu mi dica come procedono i tuoi assalti su Lucia, sei riuscito a scopartela? nella 850 di tuo padre?
Eravamo rimasti che quella notte andai a letto malconcio. Il giorno dopo rimasi tre quarti d’ora sotto il getto dell’acqua calda prima di riuscire a muovermi.
Trascorsi la giornata studiando, leggendo ed ascoltando la radio.
Verso sera sentii tornare Biagio
“Spaghetti?” mi chiese infilando la testa
“Spaghetti!” risposi sorridendo.
Ero contento che cercasse la mia compagnia e poi era un ragazzo intelligente e, anche se avevamo ideali differenti, era piacevole chiacchierare con lui.
Dopo cena mi spalmò la pomata sulle spalle, quindi s’infilò l’eskimo pronto ad uscire. Forse vide la mia espressione delusa
“Vuoi venire con me al Movimento?” mi chiese
“Mi faranno partecipare?”
“Perché no? E poi sei con me…solo non dire a nessuno che aspiri a La Scala, ok? ”
“Vedi che sei classista?”
“Non dire cazzate! io voglio abbattere le classi …è un mondo che sfrutta le braccia del popolo quello”
“Non è vero, invece…” e continuammo così fino a via Zamboni.
In un locale a pianoterra c’erano già un sacco di ragazzi.
Tutti con lunghe sciarpe di lana, sigarette che penzolavano ai lati della bocca, qualcuno distribuiva ciclostili, altri suonavano il bongo, in un angolo una coppia faceva sesso incurante di chi gli stava intorno.
Un tizio saltò su un tavolo in fondo alla stanza e cominciò a parlare attirando l’attenzione “…il ’77 non è bastato…” e poi “…cioè…riprendiamoci la nostra cultura…cioè…è un obbligo che abbiamo nei confronti dei compagni assassinati per le strade di una città governata dal partito comunista…” a volte qualcuno approvava rumorosamente “…nella misura in cui il capitalismo tiene saldo il dominio attraverso le risorse materiali a loro disposizione, in particolare attraverso l'apparato statale, le imprese produttive, finanziarie e commerciali…” ormai eravamo alla fine del monologo e in molti erano già usciti anche io e Biagio ci avviammo “…è il nostro momento…cioè…tocca a noi dare…ricordiamo le parole di Marx: Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”.
E qui non potei fare a meno di borbottare
“Concetto ritrito, poco originale”
“Come dici, compagno?”
E in quell’istante mi sembrò che il frastuono cessasse. Tutti si erano voltati a guardare me o era solo una mia impressione?
Uno...tre…cinque interminabili secondi di silenzio imbarazzante.
Si aspettavano una risposta.
Da me che odiavo parlare in pubblico. Da me che diventavo rosso e cominciavo a balbettare. Da me che lì non avrei neanche dovuto esserci.
Cercando di mostrare disinvoltura dissi
“E’ un concetto che Marx ha ripreso dalla Bibbia, non è una sua intuizione”
“Ah no? Dalla Bibbia addirittura! e questo lo dici tu?”
Biagio mi prese per una manica e cominciò a tirarmi fuori
“Lo dicono gli Atti degli Apostoli…non ricordo le parole precise ma più o meno sono queste: La moltitudine era un cuore solo e un’anima sola e nessuno chiamava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma tutto era fra loro comune. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo delle vendite che poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno”.
Le ultime parole le dissi che ormai ero quasi fuori trascinato da Biagio che, una volta per strada, mi precedeva con un passo così veloce che facevo fatica a seguire.
Girò in via Canonica e subito dopo in via dell’Inferno e lì si piantò senza voltarsi.
Lo raggiunsi, lo superai e dissi “ok, ho sbagliato…scusa”
Lo guardai aveva una smorfia sul viso
“Mi avevi detto di tacere, lo so”
Scoppiò in una risata fragorosa “Ma te tè mat, ma che ci sei andato a dire??? Ma sei stato a scuola dai preti?” ed era piegato in due dallo sghignazzare.
Cominciai a ridere anch’io e risposi “Pensa che non sono nemmeno battezzato!” Camminando fianco a fianco ci avviammo verso casa.
”Andam a bever un bicier de vin, dai”
Nell’osteria c’era parecchia gente ed un gran fumo, ma sembrava un’atmosfera rilassata, come se il 1977 da lì non fosse passato. Chi giocava a carte, chi suonava la chitarra, chi parlava a voce alta gesticolando.
Il vino fatto con le cartine ci annebbiò immediatamente la testa e barcollando e litigando arrivammo a casa.
“Sei uno stronzetto snob” diceva Biagio girando le chiavi nella serratura
“Mentre tu andavi dai preti a studiare la Bibbia io mi facevo le seghe in compagnia dei miei amici al dopolavoro ferroviario, tu sorseggiavi il tea ed io mi arrotolavo le canne”
“Ma chi te lo ha detto?”
“Ah si? Allora dimmi, ti sei mai segato in compagnia, eh? Lo hai mai fatto?”
“No…ma perché non mi è mai capitata occasione”
“Non lo hai fatto perché era peccato e non volevi disobbedire al tuo confessore”
“Lo vuoi capire che non sono cattolico, o no? Facciamocela adesso questa pippa dai!”
Mi guardò stupito “Ora?...non abbiamo più 13 anni”
Lo sfidai “Vuoi dire che non ti spugnetti più? Avanti su…in camera mia?”
Il discorso mi stava eccitando ed il vino mi aveva disinibito. Non potevo perdere quell’occasione. Accesi la luce sul comodino, mi misi a sedere sul letto e mi slacciai i calzoni tirandolo fuori.
“Sei tu adesso che non hai il coraggio” lo provocai.
Si tolse l’eskimo, abbassò la cerniera e lo estrasse mentre si sedeva di fianco a me. Cominciammo a menarcelo lentamente.
Lui teneva gli occhi chiusi mentre gli diventava sempre più duro nella mano, io lo guardavo.
La cappella appariva e scompariva, ogni volta più rossa e più umida. A volte sollevava il bacino e si toccava le palle.
Un paio di volte lo vidi accarezzarsi il ventre ed il petto mentre socchiudeva le labbra. S’irrigidì all’improvviso mentre numerosi schizzi partivano verso l’alto accompagnati da suoni gutturali.
A quella vista sborrai anch’io nella mano. Non aveva mai aperto gli occhi.
Presi dei fazzoletti dal comodino e glieli porsi dicendo “Hai visto? Che ci voleva?”
E lui “Benvenuto fra i segaioli di gruppo! Adesso vado a letto, non dimenticare le preghierine, stronzetto”.
Il giorno dopo volò tra lezioni in facoltà, biblioteca e studio.
Ripensavo al corpo nudo di Biagio magro senza essere scarno, al suo cazzo lungo e sottile, al suo sguardo mentre godeva con gli occhi chiusi.
Mi fermai al cinema porno dove ero già stato qualche volta.
Mi sprofondai nella penultima fila ed aspettai.
Un uomo anziano mi si sedette di fianco, e cominciò a toccarmi il ginocchio.
Guardavo fisso lo schermo mentre lasciavo che mi aprisse i pantaloni e mi acciuffasse l’uccello.
Vista la mia risposta positiva s’inginocchiò fra le mie gambe e prese a succhiarlo.
Lo ingoiò tutto voracemente. Gli venni in gola mentre pensavo al mio coinquilino.
Scappai dal cinema per arrivare a casa contemporaneamente a lui
“Oggi ho le palle girate” mi disse subito “Non ho voglia di pensare alla cena ci prendiamo una pizza?”
“Pensavo di fare il risotto alla milanese se ti va” gli proposi
“Non ci credo! lo sai fare davvero, ti aiuto?”
“Ehi testina… Va föra di pè. Se vuoi va a farti la doccia, ma ricorda che noi a Milano diciamo: Mèj un grapin ch'el cadin…tu lavi i piatti però!”.
Tornò col solito accappatoio azzurro stinto dai troppi lavaggi ed i capelli bagnati proprio mentre impiattavo.
“Riconosco che è la cosa più buona che abbia mangiato nell’ultimo anno…ne hai altre di specialità?”
“Si, ma per quelle dovrai chiedere la mia mano, prima” risposi ridendo.
Poi abbassò gli occhi e disse “A proposito…ieri sera non volevo forzarti…avevo bevuto…scusami se ti ho portato a fare una cosa che non volevi”
“Significa che stasera non si rifà? Vabbè vuol dire che lavorerò in solitaria…tira su il volume degli Inti-Illimani se non vuoi sentirmi”
“Ma allora sei proprio stronzo...a dire il vero ho proprio bisogno di una sega stasera. "
E prima che ci ripensasse dissi "Allora faccio la doccia anch'io e ti raggiungo in camera".
E così feci.
Quando entrai c'era solo l’abat-jour del comodino ad illuminare la stanza.
Mi guardai intorno per cercare dove sistemarmi, ma le sedie erano tutte occupate da montagne di libri e vestiti.
L’unico posto era sul letto di fianco a lui.
Entrambi aprimmo gli accappatoi cominciando a toccarci gli uccelli.
Sbirciai al mio fianco e vidi Biagio con gli occhi chiusi che se lo menava piano.
Non ci volle molto perché anche il mio arnese diventasse duro.
La situazione era eccitante.
Mi toccavo le palle e andavo su e giù con la mano.
Ad un certo punto le nostra ginocchia si toccarono, io non mi ritrassi, lui nemmeno…allargai di più le gambe…ora erano proprio accostate.
Biagio respirava forte sollevando ogni volta il torace magro.
Non resistetti ed allungai la mano per toccargli la gamba.
Sentii il suo respiro che si fermava.
Carezzandolo passai lentamente all’interno coscia. Soffiò forte ma non disse nulla.
Sfiorai con la punta delle dita i grossi testicoli.
Lui smise di masturbarsi, si girò a guardarmi e a voce bassissima disse: “succhiamelo”.
Mi piegai a leccargli la cappella, il solco del prepuzio, il frenulo finche non lo presi tra le labbra e cominciai un lento, delicato ma inesorabile pompino.
I suoi gemiti mi dicevano che gradiva molto e mi stimolavano a fare di più.
Lo infilai tutto in bocca fino ad arrivare alle palle producendo tanta saliva da inumidirgli le cosce.
Biagio sollevava il ventre perché entrasse più profondamente e ogni volta che mi staccavo per riprendere fiato mi diceva “Non fermarti. Continua”.
Ero ormai convinto che stesse per venire quando improvvisamente mi tirò su la testa prendendomi per i capelli e incastrando la sua testa nel mio incavo tra capo e collo.
Io presi la sua mano e me la portai sul cazzo. Cominciò a segarmi mentre io facevo lo stesso con lui.
Con l’altra mano gli sfioravo i capezzoli, gli lisciavo i morbidi peli del torace, gli accarezzavo gli addominali.
Sentii il suo corpo irrigidirsi ed accostarsi ancora di più al mio mentre emise un lungo sospiro nella mia bocca e mi ritrovai la mano bagnata del suo sperma. In un istante venni anch’io nella sua.
Si staccò di colpo, si ripulì velocemente con gli slip sporchi abbandonati sul pavimento e mi disse “buonanotte”.
Capii che dovevo andare via.

Soddisfatto Filippo? Senti, che fai per il ponte di “Tutti i Santi”? Perché non prendi il treno e vieni a trovarmi? Oppure dopo questi racconti hai paura che ti violenti? Tranquillo, terrò le mani a posto, sebbene un pensierino…ma dai che sto scherzando, lo so che a te certe cose non interessano (o forse sì?).
Un abbraccio (fraterno)
F.

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Caro Filippo,
comprendo i tuoi stupori di cui mi parli nella tua ultima, ma devi capire che qui è differente, anche Bologna non è più la stessa dall’entrata dei carri armati un anno fa: le strade del centro, dipinte da murales, hanno un odore penetrante e dolciastro di patchouli, ma anche quello di sudore o di “erba”.
Le ragazze sono tutte belle con gli occhi che sprizzano libertà e si muovono come ballando dentro lunghe gonne a fiori, ieri ho visto due bei maschioni barbuti camminare tenendosi per mano incuranti della gente, però è sempre più frequente incontrare sui marciapiedi dei giovani farsi delle iniezioni nelle braccia, pare sia una nuova sostanza che chiamano “eroina” e che dà uno sballo notevole.
Io mi muovo con curiosità e prudenza, sono affascinato, ma timoroso ed intanto studio perché è l’unica cosa che posso e so fare.
Qualche volta vado al cinema porno.
Uso sempre lo stesso modus-operandi: mi piazzo nelle ultime file fissando lo schermo ed aspetto che qualcuno mi si sieda vicino, lo guardo di sottecchi e se mi piace allargo le gambe lasciando che agisca, viceversa se non mi piace glielo faccio capire scostandomi e voltandomi quasi di spalle…in attesa del seguente.
L’ultima volta che ci sono andato mi ha abbordato un bell’uomo, forse cinquantenne, ben vestito, con un buon profumo.
Mi ha accarezzato il ginocchio, la coscia e poi invece di tirarmi giù la zip ha preso la mia mano sinistra e l’ha baciata. Stupito mi sono voltato a guardarlo.
Mi ha sorriso. “Sei molto bello” e poi alzandosi in piedi “abito qui vicino, vieni a bere una cosa da me”.
Non era una domanda, non attendeva replica e perciò mi sono alzato e l’ho seguito fuori. All’esterno del cinema tanta gente, mi sembrava che tutti ci guardassero e che avessero capito.
Per tutta la strada lui parlava, parlava, parlava mentre io non riuscivo a spiccicare parola. Si ferma davanti ad una bottega d’antiquariato, la apre, mi invita ad entrare.
All’interno un’accozzaglia di mobili, oggetti e quadri.
“Vieni qui, guarda” mi dice posizionandosi dietro di me e indicandomi un grande quadro
“E’ S. Sebastiano Martire. Sono sicuro che hai un corpicino bello come il suo” mi slaccia i pantaloni e mi si poggia contro facendomi sentire la sua erezione sui glutei dopodiché mi dice: “Adesso lo facciamo divertire questo bel culetto”
Nel frattempo si sbottona i jeans e tira fuori un cazzo enorme.
“No, non hai capito” obietto “io sono attivo” ride mentre mi toglie le mutande e mi dà una sonora sculacciata.
Cerco di divincolarmi, ma gli è sufficiente un solo braccio intorno al collo per trattenermi perché è molto più grande e forte di me.
Mi spinge contro un divanetto di velluto rosso stringendomi la gola. Mi toglie il respiro. Sento la punta del suo membro che cerca il buco, lo trova e spinge.
Urlo di dolore, mi dà un ceffone sibilando
“Stai zitta troietta, è questo che cercavi, no?”
Voglio obiettare, dire che mi lasci, ma stringe di più
“Devi stare muto, non costringermi a farti male ”
Ormai sta entrando tutto e comincia muoversi avanti e indietro causandomi un dolore atroce.
“Volevi provocarmi e poi tirarti indietro facendo la verginella, eh? Avanti smettila di lamentarti e dillo che non aspettavi che questo. Piegati in avanti che entra di più. Ti piace eh, ammettilo che ti piace il mio cazzone nel culo”
Mi stringe sempre con il braccio intorno al collo soffocandomi quasi e mi colpisce ancora sui glutei, sulle cosce, mi strizza i capezzoli, mi afferra per i capelli tirandoli, mi graffia con la barba ispida strofinando il mento sulla mia schiena.
Non so per quanto tempo mi sbatte così insultandomi e malmenandomi, ma infine lo sento irrigidirsi, rantolare e mi sborra copiosamente dentro contraendosi. Allenta la presa…finalmente respiro…mi divincolo…mi tiro su i pantaloni e più veloce che posso mi dirigo verso la porta.
Stravaccato sul divano rosso a gambe aperte, con i pantaloni calati fino alle caviglie ed il cazzo barzotto ancora gocciolante
“Ci vediamo signorinella, sai dove trovarmi quando vuoi essere trattata come la puttana che sei”.
Torno a casa sporco, umiliato, dolorante, infiammato. Cosa avevo fatto per provocare quell’atteggiamento? Davvero davo l’idea di cercare questo? E soprattutto m’era davvero piaciuto? Sarei ritornato a trovarlo?

Adesso ti lascio. Probabilmente non riceverò più tua posta dopo questa confessione. Non ti biasimo sappi, comunque, che per me sarai sempre il mio migliore amico e a nessun altro avrei trovato il coraggio di raccontare tutto questo..
Un abbraccio (posso?)
F.

PS: hai visto il TG? Oggi hanno “giustiziato” un magistrato a Roma e un prof. di antropologia a Napoli. Pare siano state le BR. Non finisce più…

%%%%%%%

Caro Filippo, amico mio,
sono felice che il tuo affetto nei miei confronti non è variato nonostante le ultime vicende di cui ti ho fatto partecipe, sai quanto io ti stimi e quanto conto sulla tua approvazione.
Mi fa piacere sapere che il tuo percorso universitario stia procedendo alla grande, te lo meriti.
Hai ragione, è vero, non ti ho più parlato di Biagio così maturo, così intelligente eppure così utopista.
Continuo ora, se vuoi. Dove eravamo rimasti? Ah sì, ora mi ricordo…
Dopo l’episodio di quella sera di cui ti ho raccontato passarono parecchi giorni prima che ci rivedessimo.
A volte non lo sentivo neanche rientrare, altre capivo che non era solo perché dalla sua camera giungevano lamenti accompagnati da cigolii delle molle del letto.
L’altra notte mi sono alzato per bere.
In corridoio sento dei rumori provenire dalla cucina appena illuminata dalla fioca luce della cappa.
Mi faccio avanti e una volta sulla soglia vedo una ragazza nuda piegata a 90° con il busto completamente disteso sul tavolo.
Lei non può vedermi perché ha la testa girata dalla parte opposta alla mia, invece mi vede bene Biagio.
Anche lui è nudo, in piedi e la sta scopando da dietro tenendola per i fianchi. I nostri occhi s’incrociano. È sudato, respira forte, i capelli gli cadono sulla fronte e a volte li rimette a posto con uno scatto del capo.
Vedo i suoi muscoli guizzare per lo sforzo fisico. I pettorali, l’addome, i glutei, le cosce, i polpacci sono tutti tirati.
Non vado via.
Lui porta una mano sul capo della ragazza così da bloccarla per impedirle di voltarsi. Insiste a fissarmi negli occhi mentre i suoi colpi diventano più forti e più frequenti sotto i quali lei geme e sospira.
Intravedo il cazzo che entra ed esce, ma soprattutto distinguo il suo scroto voluminoso ondeggiare e colpirla rumorosamente sulle cosce bianche.
Non lascia i miei occhi Biagio mentre senza garbo la fotte finché capisco che raggiunge l’orgasmo accompagnando un “sììì” ad ogni affondo nella carne della partner.
Mi guarda Biagio mentre si abbatte affannato sulla schiena di lei.
Rimango a spiarli qualche istante ancora e poi silenziosamente indietreggio mantenendo il contatto visivo fin che posso.
Una volta in camera mi sono segato furiosamente ricordando la scena, ma soprattutto ripensando ai suoi occhi neri che mi fissano intensamente.
La sera seguente, dopo un aprire e richiudersi di porte, l’immancabile attacco degli Intilli-Imani, il previsto scroscio della doccia, il successivo getto del phon, sento bussare alla mia porta e schiuderla senza aspettare risposta
“Posso…disturbo?” è lui con addosso il solito accappatoio
“Entra pure…che mi dici? Tutto ok?”
Sorrideva “E’ tanto che non ti fai vedere, ce l’hai con me?” gli chiedo
“Ma che dici? Sto preparando la tesi ed è molto più difficile di quanto immaginassi, mi sta dando una mano Cristina, una mia amica, forse avrai sentito che a volte veniamo a studiare qui
“Sì, sì vi ho sentito…studiare… qualche volta” sogghignai
“Senti...a proposito di stanotte...io...”
“Non devi spiegarmi nulla, so come vanno certe cose e…”
Ma lui m’interrompe “Devo essere sincero, tu hai messo in discussione la mia eterosessualità, ecco perché ti ho evitato in questi giorni. Una cosa è una sega in compagnia ed un’altra quello che abbiamo fatto. Non ero mai andato così avanti con i ragazzi e la cosa mi ha turbato troppo”
Era imbarazzato ma non ostile mentre parlava
“Ti senti meno maschio per questo? E quindi ti scopi Cristina tutte le sere per avere delle conferme o perché io possa ascoltarti e vederti?”
Esita “Forse l’intenzione era quella, ma dopo stanotte…” è imbarazzato, si gratta una gamba, si aggiusta i capelli all’indietro.
Lo guardo interrogativo “…insomma stanotte…mentre lo facevo con lei…io ho immaginato di farlo con te…è con te che ho scopato. Non me ne frega un cazzo se sono etero o busone o entrambe le cose, quello che sono mi piacerebbe scoprirlo con te…se vuoi”.
Mi avvicino, gli apro l’accappatoio, ammiro il suo corpo magro con i muscoli così delineati, gli faccio scorrere le mani sui peli del petto, sull’addome, gli afferro l’uccello, gli soppeso i grossi coglioni, lo sento sospirare, avrei voglia di stringerli forte per la piacevole sensazione che mi procurano.
Mi inginocchio perché lo voglio in bocca mentre è ancora molle, voglio sentirlo crescere. Gli succhio il lungo prepuzio, lo tiro con le labbra e con le stesse lo spingo indietro scoprendo il glande vellutato.
Lo guardo dal basso mentre gli accarezzo i muscoli pelvici, mi passa una mano fra i capelli fissandomi con gli occhi luccicanti.
Mi piace lavorarlo sulla punta con la lingua per poi ingoiarlo tutto fino in gola ed ad ogni affondo lo sento più lungo e più duro, mentre abbondante saliva mi cola ai lati della bocca. Ormai è fortemente eccitato e oscilla avanti indietro gorgogliando e sibilando.
“Fermati altrimenti vengo” si fa indietro
“Spogliati anche tu, voglio vederti”
Lo accontento orgoglioso della mia erezione.
I nostri corpi si accostano, i membri gareggiano per turgore, ci abbracciamo e le nostre mani corrono ovunque, i nostri visi sono vicinissimi, le mie labbra scorrono sul collo, sulle orecchie, sugli zigomi, tento un avvicinamento alla sua bocca, ma si ritrae ed allora, deluso, gli lavoro il mento irsuto, la prominenza laringea, l’incavo clavicolare, mi soffermo ad annusare lo sterno, gli stuzzico i capezzoli piccoli e duri, m’inebrio all’odore delle sue ascelle, geme quando gliele lambisco a lingua piena.
Mi spinge sul letto
“Girati dai che te lo metto” m’incalza con voce roca
“No, voglio vederti in faccia mentre lo fai” gli rispondo con decisione
“Lo hai già preso?” mi chiede mentre mi solleva le gambe sulle spalle e mi strofina il cazzo umido in zona perineale.
Non gli rispondo ma mi sputo sulla mano e mi bagno il buco un paio di volte, poi gli afferro il dardo infuocato e me lo posiziono sul bersaglio
“Fai piano” raccomandazione inutile appena sente il contatto con l’orifizio spinge bruscamente.
“No, non così” urlo e mi faccio indietro
“Lo hai mai messo in culo? Devi fare con calma, entri un pochino, ti fermi ed esci, poi lo rimetti dentro più profondamente, ti fai spazio e torni a sfilarlo, ci metti un po’ di saliva e ripeti spingendo un po’ di più, altrimenti mi fai male”
Mi fa sì con la testa e stavolta i suoi approcci sono più corretti.
Mi osserva interrogativamente aspettando le mie reazioni, i suoi occhi neri sono magnifici e diventano languidi quando all’ennesimo tentativo affonda completamente in me che controllo il dolore e mi lascio andare in un languido “Sìì…ci sei tutto, adesso scopami come piace a te ma continua a guardami per favore”.
Non aspettava altro.
Comincia a possedermi con furia, alternando ripetuti colpi veloci e poco profondi ad altri lenti e penetranti.
Con i miei piedi poggiati sul petto si tiene in equilibrio, tenendomi fermo per le caviglie, selvaggiamente mi sbatte con la chioma che ondeggia
“Ti piace?” mi chiede
“Ti piace?” ripete ansiosamente quasi cercando una mia conferma
“Sì” gli dico con un filo di voce “sì, mi piace da morire e a te?”
“Cazzo che culo che hai! Mi fai impazzire”
Mi allarga le gambe e così facendo mi crolla addosso, adesso è lui a cercare la mia bocca, mi lecca le labbra e poi mi bacia intensamente intrecciando la sua lingua alla mia, poi lo sento mugugnare
“Sto per venire, porca troia, sto per venire!”
Spingo più che posso il bacino contro di lui e contraggo i muscoli anali.
È un attimo e sempre con la sua bocca attaccata alla mia urla
“Vengo! Vengo cazzo! Vengo!” una serie di spinte profonde accompagnate da un unico muggito, poi si accascia ansimante e affaticato su di me.
“Non uscire” lo imploro, mentre lo scosto appena, giusto lo spazio per afferrare il mio cazzo turgido e quasi pronto ad esplodere.
Infatti bastano pochi colpi e il mio corpo è squassato da una serie infinita di spasmi.
Ho paura a parlare, temo di rompere l’incantesimo e rimango sotto di lui mentre i respiri piano piano si regolarizzano.
È Biagio il primo a dire qualcosa “Le hai imparate dai preti queste cose? Cazzo, è stata una delle scopate migliori della mia vita…adesso ci vuole una canna e poi mi fai il risotto alla milanese ok?”

'Azzo è tardissimo! Non pensavo di scrivere tanto, Filippo, e tra un po’ ho una lezione perciò ti lascio.
Aspetto tue notizie.
Un bacio al pisello
F.

%%%%%%%

Caro Filippo,
è stato bello rivedersi quest’estate anche se solo per pochi giorni. Ormai sono a Bologna e l’autunno è già inoltrato.
Biagio si è laureato il mese scorso ed è tornato al paese.
Pare che si candidi alle prossime elezioni comunali.
Peccato, mi manca.
Ormai il nostro rapporto era diventato stabile e molto intimo: amicizia, stima reciproca, affetto forse, se vuoi, ma soprattutto la cosa che ci univa era l’insaziabile comune voglia di sesso.
Entrambi avevamo le nostre storie e portavamo ragazze a casa, ma senza mai mescolarci fra di noi. Erano momenti solo nostri che vivevamo in segretezza, una cosa che sapevamo solo noi due ( e tu naturalmente).
Anche io ho cominciato a preparare la tesi, conto di finire il prossimo marzo se tutto va bene.
La camera di Biagio è vuota, ho deciso di non cercare altri coinquilini e di restare così fino alla fine dell’anno accademico perciò vieni a trovarmi quando puoi, anche con Lucia se riuscite visto che ormai siete una cosa sola.
Un caro saluto ed un abbraccio forte forte
F.

%%%%%%%

Caro Filippo,
sono quarant’anni che ci scriviamo e sono felice che il tempo non abbia scalfito la nostra amicizia e la nostra confidenza e soprattutto che questa abitudine sia rimasta inalterata nonostante il passare degli anni.
Volevo dirti una cosa. Ti ricordi di Biagio? Dai…Biagio…era il mio coinquilino quando frequentavo l’università a Bologna…Biagio il rivoluzionario…Biagio l’utopista…Biagio dalle palle grandi e pesanti.
Beh hai visto come si chiama il nostro nuovo ministro degli interni? Non ci posso credere! Quasi non lo riconoscevo più dopo tanti anni!
Con pochi capelli, senza barba e con qualche kg di troppo…ma l’altra sera durante un’intervista al TG ha guardato dritto nella telecamera ed allora ho riconosciuto i suoi splendidi, misteriosi occhi neri.
Ho avuto un brivido e mi sono tornati in mente tanti ricordi che hanno risvegliato in me desideri sopiti da tempo.
Che dici…mi faccio vivo? Sai che i tuoi consigli sono sempre preziosi per me perciò aspetto una tua risposta prima di prendere qualsiasi iniziativa.
Un abbraccio a te e tutta la tua splendida famiglia, hai dei figli meravigliosi sai?!
Il tuo per sempre amico
F.


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